La nostra storia: chi siamo e da dove veniamo
La sera del 23 maggio 2012 si presentarono davanti al Teatro Cenacolo Francescano di Lecco circa 800 persone. Erano lì per assistere alla prima dello spettacolo “Alle 2 i monaci tornano in convento” della Compagnia Teatrale Penitenziaria Stabile Assai della Casa di Reclusione di Rebibbia (Roma) dal titolo La compagnia aveva messo in scena questo spettacolo in occasione della ricorrenza del ventennale della strage di Capaci.
Il Comune di Lecco, insieme ad un’ampia compagine di associazioni e realtà territoriali, aveva programmato fin dall’autunno precedente questa proposta per commemorare questo evento.
La risposta da parte della cittadinanza fu di grande portata: il teatro riuscì rocambolescamente a ospitare circa 600 tra le persone accorse.
Lecco era dunque interessata a parlare di Giustizia?
Un gruppo di cittadine/i e di organizzazioni che avevano partecipato a promuovere e organizzare l’evento, supportate dall’Assessorato alla Cultura e ai Giovani allora guidato da Michele Tavola, raccolse la sfida contenuta nella domanda e da allora decise di continuare a riunirsi per parlare di giustizia e in particolare di quella visione di giustizia nota in Italia con il nome di Giustizia Riparativa.
Ci sembrava un momento da cogliere per offrire uno spazio alla comunità territoriale per potersi interrogare e dialogare attorno ai temi della giustizia penale ovvero alle risposte che vengono date e chieste di fronte ai crimini che rompono il patto sociale e democratico della convivenza. Risposte che, a fronte dell’allarme, della paura e del senso di insicurezza sociale, finiscono troppo spesso per lasciare soli sia i rei, alle prese con l’espiazione di una condanna poco efficace nel prevenire la recidiva, che le loro vittime, dirette e indirette, alle prese con le sofferenze e i danni prodotti dal crimine subito, ma anche la comunità, sempre più combattuta tra sentimenti di paura, di indifferenza e di vendetta o alle prese con dinamiche di inclusione/esclusione dei “criminali”.
Pensammo che era il momento per cominciare a parlare di Restorative Justice, un paradigma e una visione che rischiava di rimanere un sapere di pochi e per pochi e fu così che andò consolidandosi il Tavolo lecchese per la Giustizia Riparativa, un gruppo di lavoro informale, su base volontaria, accomunato dall’interesse per il tema e dalla sintonia di sentimenti e di intenti, certo non un tavolo di rappresentanza istituzionale o delle organizzazioni. A noi piace pensarlo come un primo nucleo di quella comunità riparativa che sarebbe presto diventata visione e orizzonte del nostro lavoro sociale.
Dopo un po’, a chi ci chiedeva reiteratamente il nome del Tavolo, cominciammo a rispondere, anche un po’ scherzosamente, che si chiamava L’Innominato, cogliendo così al contempo il desiderio di mantenerne il più possibile aperta l’identità rispetto alle appartenenze, fatta salva quella rispetto al tema e alla visione e lo spirito dell’episodio del Romanzo manzoniano ambientato a Lecco, che evoca in qualche modo la visione riparativa.
“[…] -Me sventurato-esclamò il signore,-quante, quante…cose, le quali non potrò se non piangere! Ma almeno ne ho d’intraprese, d’appena avviate, che posso, se non altro, rompere a mezzo: una ne ho, che posso romper subito, disfare, riparare.” (da A. Manzoni, I promessi sposi).